Wolf Alice: ‘Blue Weekend’ (Dirty Hit, 2021)

Genere: dream-rock | Uscita: 4 giugno 2021

Giunti al terzo album in carriera, i Wolf Alice sono ormai un’istituzione nel Regno Unito. Una consacrazione sancita a settembre 2018, quando il loro secondo LP, ‘Visions Of Live‘, vinse il prestigioso Mercury Prize battendo in finale artisti del calibro di Arctic Monkeys, King Krule e Noel Gallagher. Era uscito esattamente un anno prima, quel disco, avendo dunque già compiuto il suo corso da un punto di vista commerciale. Per questo, sul nuovo ‘Blue Weekend‘ si sono riposte altissime aspettative sin da subito. Soprattutto da parte della Dirty Hit, etichetta indipendente ma avvezza ai grandi numeri, che ha nel proprio roster moneymaker come i 1975. Il titolo di NME, “the biggest opening week for a British group in 2021“, la dice lunga sul celere raggiungimento dell’obbiettivo: nella settimana di pubblicazione, il nuovo lavoro del quartetto londinese ha superato le vendite degli altri quattro in Top 5 messi insieme. Un primo posto che per il gruppo è una novità assoluta, essendo i Wolf Alice, in passato, issatisi al massimo alla seconda piazza.

In una tale esplosione di numeri, non si può non tributare il giusto merito ai quattro ragazzi inglesi. In particolar modo alla frontwoman Ellie Roswell, che fa di un versatile bel canto la propria caratteristica più riconoscibile, corroborata da una scrittura empatica che spesso e volentieri racconta delle “brutte cose che mi succedono“. Potrebbe essere questa la ragione per cui le canzoni dei Wolf Alice vengono recepite dalla stragrande maggioranza della stampa musicale britannica con un entusiasmo difficilmente intellegibile. Qualcosa visto, in tempi recenti, soltanto per i sopracitati compagni di etichetta. Chi vi scrive, deve effettivamente ammettere di trovarsi in estrema difficoltà nell’approcciare criticamente un album che ha ricevuto pieni voti da almeno 10 testate dedicate, tra cui quotidiani di grande autorevolezza e tiratura come Independent e Guardian.

Blue Weekend‘, dal canto suo, è un lavoro certamente abile nel bilanciare mainstream e alternative; opera con una versatilità transumante senza perdere quell’aura rassicurante che ne caratterizza gli arrangiamenti, tanto stratificati quanto levigati. Ci sono due brani simbolo di un approccio che evidentemente di questi tempi paga molto: ‘Smile‘, una sorta di crossover che ricorda i primi Paramore, e ‘Play The Greatest Hits‘, punk-rock tanto zeppo di cliché di genere da apparire una clonazione. Fanno piuttosto a pugni con il dream-pop di ‘Feeling Myself‘, il folk-pop alla First Aid Kit di ‘Safe From Heartbreak‘ o il crooning confidenziale di ‘Last Man On Earth‘. Si tratta di distanze stilistiche paragonabili a quelle di una compilation, che rappresentano un grosso limite artistico per una band che, per diffusione, potrebbe ambire a una duratura notorietà. Al netto dei gusti soggettivi, e di brani che fanno comunque molta fatica ad andare al di là del gradevole, il quesito che sorge spontaneo è il seguente: esiste un suono immediatamente riconducibile ai Wolf Alice? La risposta seguita a rimanere negativa anche dopo ripetuti ascolti, tanto potrebbero, ciascuna di queste 11 tracce, essere opera di una nutrita schiera di artisti. Personalità, specificità, coesione: sono caratteristiche essenziali nei grandi dischi, o almeno in quelli che su Metacritic raggiungono la media aggregata di 9,4. In ‘Blue Weekend‘ non sembra esservene traccia, così da mantenere vivida quella sensazione di sopravvalutazione nei confronti di un’opera anonimamente nella media.

VOTO: 🙁



Lascia un commento