Working Men’s Club: ‘Fear Fear’ (Heavenly, 2022)

Genere: goth-dance | Uscita: 15 luglio 2022

Che Syd Minsky-Sargeant pretendesse per sé tutta la responsabilità creativa della band che ha fondato, era già piuttosto evidente ai tempi di ‘Working Men’s Club‘, l’omonimo album di debutto di un paio di anni fa. Conteneva le composizioni a cui il giovane musicista inglese lavorava sin da quando aveva 16 anni, rivedute e corrette un sacco di volte e rifinite dall’esperto Ross Orton una volta entrati in studio. Soltanto poco tempo prima, aveva cambiato totalmente la line-up del gruppo, riservandosi l’esclusiva dell’incisione del materiale da lui congegnato. E’ accaduto così anche per ‘Fear Fear‘ (Ross Orton compreso), sophomore che è un’evidente evoluzione dal punto di vista artistico, personale e soprattutto sonoro.

È un suono marcatamente più cupo e denso quello del secondo LP del musicista originario di Todmorden, in cui la componente elettronica dilaga e quella analogica si riduce. Insomma, per lunghi tratti pare più un disco di un producer che di un musicista. I BpM quasi sempre uptempo fanno da contraltare al periodo storico in cui ‘Fear Fear‘ è stato concepito, ovvero quello della pandemia, dei lockdown e della chiusura dei club. Ha però quell’atmosferica claustrofobica che può essere paragonata al comune sentire di quei giorni, soprattutto considerando il ventenne Syd parte di quei millennial trovatisi improvvisamente tappati in casa. Tira dritto come un fuso il ragazzo inglese, come se lottasse a testa alta contro i propri demoni: “Non per ignorare le cose importanti che stanno accadendo, ma è più che altro il mio pensiero in relazione a ciò che ho sofferto e alla mia rabbia esistenziale per ciò che sta accadendo nel mondo“, spiega in questa intervista a The Skinny.

È indubbiamente rimarchevole come un artista così giovane sia riuscito a creare un suono tanto definito e così connesso al proprio essere. Non c’è un attimo di respiro nei 48 minuti di durata, ‘Fear Fear‘ è una sorta di rave gotico da cui risulta impossibile affrancarsi. Ha un impatto più nel suo complesso che nelle singole parti: sebbene due brani come ‘Widow‘ e ‘Cut‘ possano assolvere alla funzione di singoli, ciò che manca rispetto all’esordio è proprio l’instradamento del suono nella concretezza della forma canzone. A questo giro, però. non sembra essere l’obbiettivo di Minsky-Sargeant, che altrimenti sarebbe già giunto vicino alla perfezione. Gliene resta di strada da fare, ma con una tale vena creativa e siffatto temperamento, non escludiamo che il traguardo possa essere prossimo.

VOTO: 😀



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