Desert Sessions: ‘Vols. 11 & 12’ (Matador, 2019)

Genere: desert-rock | Uscita: 25 ottobre 2019

Era tradizione, per quasi ogni anno tra il 1997 e il 2003, che Josh Homme, allora non da molto fuoriuscito dai Kyuss e fresco di lancio del progetto Queens Of The Stone Age, radunasse un buon numero di amici musicisti (in quantità variabile tra le 8 e le 14 unità) in uno sperduto studio di registrazione in località Joshua Tree, nel bel mezzo del deserto della California. Il Rancho De La Luna era stato fondato nel 1993 da due membri degli Earthlings?, Fred Drake e David Catching, che l’avevano riempito di una serie di strumenti vintage quasi introvabili. La distanza da ogni forma di civiltà rendeva quell’ambientazione unica: non c’era molto altro da fare che comporre e suonare nuove canzoni; l’assenza di distrazioni (a parte qualche funghetto allucinogeno) permetteva una piena concentrazione sul processo creativo, tanto che diversi brani vennero concepiti e registrati in meno di quattro ore.

Nonostante un lungo stop durato 16 anni, per Homme le Desert Sessions non si sono mai definitivamente concluse: “Non farò solamente i volumi 11 e 12, arriverò al 112!“, disse Josh ancora nel 2007. Tra le caratteristica di questo particolarissimo progetto musicale c’è infatti anche la produzione di due EP per volta, che per consuetudine vengono accorpati in un doppio LP. Per i primi due oltre la decina si è dovuto attendere un po’, ma il musicista californiano ha mantenuto la parola, convocando, a questo giro, Billy Gibbons (ZZ Top), Stella Mozgawa (Warpaint), Jake Shears (Scissor Sisters), Mike Kerr (Royal Blood), Carla Azar (Autolux, Jack White), Les Claypool (Primus), Matt Sweeney (Chavez, Superwolf, Endless Boogie), Matt Berry (What We Do In The Shadows, Toast of London), Libby Grace e Töôrnst Hülpft.

La particolare natura delle Desert Sessions, nello specifico la forzata celerità nella composizione e nell’incisione, non ha mai consentito una attenta rifinitura dei brani, aspetto che mai è stato troppo importante per ciò che aveva in mente Homme: “Qui si suona per onorare la musica, per questo è un’esperienza così apprezzata dai musicisti. A volte è facile dimenticarsi che si è iniziato a suonare semplicemente per il gusto di farlo.” Anche nei confronti ‘Arrivederci Despair‘ e ‘Tightwads & Nitwits & Critics & Heels‘, rispettivamente episodi 11 e 12, sarebbe ingeneroso contestare le imperfezioni e la bassa qualità di alcune registrazioni: la loro natura è totalmente fondata su improvvisazione, spontaneità ed eterogeneità, vista la quantità di guest coinvolti e la varietà di band interessate, dai ZZ Top agli Scissor Sisters. Nonostante ciò, alcuni brani degni di nota sono presenti nella veloce tracklist formata da 8 tracce per poco più di 30 minuti di durata: ‘Noses In Roses Forever‘, cantata dal leader dei QOTSA, che avrebbe anche potuto finire in un disco della band; il garage-rock di ‘Crucifire‘, con alla voce Jim Kerr dei Royal Blood; una ballata desertica come ‘If You Run‘, affidata a Libby Grace; la psichedelica ‘Something You Can’t See‘, in cui Jake Shears dà prova di essere qualcosa di più di un cantante dance. Non tutto è venuto bene, come la terribile ‘Chic Tweetz‘, ma le Desert Session possono rappresentare per chi le ascolta la stessa oasi di divertimento e di affrancamento dal logorio della vita moderna di chi gli ha dato forma. Non avrebbe senso chiedere molto di più.

VOTO: 😐



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