Okkervil River: ‘In The Rainbow Rain’ (ATO, 2018)

Il 2016 è stato, per Will Sheff, un anno di svolta. Per la morte dell’amato nonno e la decisione di ripartire da zero con il progetto della vita, gli Okkervil River. ‘Away‘, l’album che uscì quell’anno, fu praticamente un disco solista, dalle atmosfere cupe, che giostrava quasi interamente su una strumentazione acustica. Nel 2016 Will azzerò la line-up del gruppo che, dopo la separazione con Jonathan Meiburg (2006), è rimasto suo esclusivo affare. Arrivarono nuovi collaboratori (tra cui spicca Benjamin Lazar Davis al basso), che gli diedero il giusto apporto creativo e anche psicologico. Decisivo è stato poi quanto accaduto a dicembre, ovvero le famigerate elezioni americane e la vittoria di Trump: “Se dicembre 2016 è stato utile per qualcosa, lo è stato di certo per scrivere canzoni“. Il musicista di Austin si è schierato dalla parte di chi ha deciso di affrontare il difficile momento reagendo in maniera opposta e contraria: “Volevo fare un disco nel quale un senso di cortesia e dolcezza fosse come codificato nella musica“. Così, circa un anno e mezzo dopo ‘Away‘, eccolo già di ritorno con un nuovo album.

In The Rainbow Rain‘ è fondamentalmente l’opposto del capitolo precedente. Lo è per lo stato d’animo con cui è stato composto (anche se l’opener non è propriamente allegrissimo, avendo come tema una tracheotomia…), e il cambio radicale di strumentazione, ora decisamente ampia e stratificata, ne è conseguenza. Il nono album della carriera degli Okkervil River è anche una (definitiva?) dipartita da quel folk-rock che era loro marchio di fabbrica. Sheff approda a una sorta di soft-rock che ricorda quello in voga tra fine ’70 e primi ’80 (‘Shelter Song‘ ne è l’esemplificazione più aderente), che così detto potrebbe sembrare l’inizio della cronaca di un disastro compositivo. Invece no, la sterzata artistica di Will si rivela assolutamente riuscita. Certo, i fan nostalgici dei passati Okkervil River potrebbero storcere il naso, ma questo LP ha qualità sia nella scrittura che nell’interpretazione del suo autore, che sa dare, con il timbro e la versatilità della sua voce, perfetta rappresentanza di ciò che dice. I fiati, le tastiere, le percussioni che si aggiungono alle chitarre (mai così in secondo piano) sono gestiti con giudizio e non appesantiscono eccessivamente un suono che è assolutamente al di là di ogni possibile ammiccamento alle mode del momento. Ed è anche questo essere così fuori dal tempo che ci fa piacere ‘In The Rainbow Rain‘, altra prova di classe di un grande cantautore e interprete che continua a sfornare belle canzoni (come ‘Famous Tracheotomies‘, ‘The Dream And The Light’ e ‘Don’t Move Back To LA‘) e a ricercare inedite soluzioni.

VOTO: 🙂



 

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