La Top 5 dell’anno: 2001

In ‘Alta Fedeltà’, il romanzo più celebre di Nick Hornby, il protagonista, proprietario di un negozio di dischi, era solito ‘giocare’ con i propri dipendenti/amici nel redarre alcune classifiche, composte solamente da cinque posizioni, sugli argomenti più disparati. Ovviamente, grande spazio avevano quelle musicali. Analogamente, e anche in quanto colta citazione (tutti voi, se non l’avete già fatto, dovreste leggere ‘Alta Fedeltà’), si è pensato di fare un analogo giochino a proposito degli album pubblicati negli ultimi 24 anni. Ovviamente sono classifiche che non hanno alcuna pretesa di avere un valore assoluto, ma vogliono essere soltanto un modo per ricordare i bei tempi andati e alcuni album che hanno fatto la storia recente.


1. The Strokes: ‘Is This It?’ (RCA, 2001)

Qualche mese prima di quell’11 settembre, cinque ragazzi della New York bene, che si facevano chiamare The Strokes, fecero uscire l’album destinato a caratterizzare l’alternative-rock degli anni ’00. ‘Is This It?‘ ammutoliva le distorsioni di chitarra tanto in voga nei Nineties, prediligendo un suono più essenziale ma altrettanto coinvolgente, grazie a una serie interminabile di indovinatissimi riff. Il disco ebbe un vastissimo successo di critica sia in UK che negli USA (10/10 il voto dell’NME, 9.1 quello di Pitchfork), e divenne seminale sia per orde di nuovi fan del genere che per le band che si sarebbero formate di lì a poco (i Kings Of Leon, ad esempio, ammisero di aver avuto da questo LP la spinta per iniziare a suonare). Il suo essere così cool e sexy (a partire dalla cover, censurata negli USA), influenzò anche la moda: l’abbigliamento in uso dal quintetto ri-sdoganò jeans skinny, giacche in pelle e cravatte sottili. L’eredità più duratura furono però le canzoni: ‘Last Night‘, ‘Someday‘, ‘Hard To Explain‘ e ‘The Modern Age‘ entrarono idealmente nella hall of fame dell’indie-rock.


2. Daft Punk: ‘Discovery’ (Virgin, 2001)

Alla vigilia del loro sophomore la capacità dei Daft Punk di reinventarsi continuamente non era ancora nota, ma fu subito evidente per la marcata differenza tra ‘Discovery‘ e il precedente ‘Homework‘ (1997). Guy-Manuel De Homem-Christo e Thomas Bangalter misero in soffitta gli anthem techno dell’esordio per abbracciare (in maniera quasi definitiva) una loro particolare versione della forma-canzone. Ispirazione, esplicitata anche dal titolo, era la disco-music di fine anni ’70-inizio ’80, quella ascoltata dai due in giovane età, ma rivisitata in una chiave assolutamente originale e contemporanea. Anche l’approccio al campionamento era del tutto personale: le parti ‘prese in prestito’ da altri brani erano interamente risuonate dagli stessi Guy-Manuel e Thomas. Il loro tocco funky e quei giri di basso così attraenti divennero loro indistinguibile marchio di fabbrica, e pezzi come ‘One More Time‘, ‘Aerodynamic‘ e ‘Harder Better Faster Stronger‘ si ballano tantissimo ancora oggi. ‘Discovery‘ poteva vantare anche uno straordinario eclettismo (l’indietronica di ‘Digital Love‘, il downtempo di ‘Something About Us‘) dettato da una serie interminabile di citazioni, e non solo musicali, tanto da farlo diventare colonna sonora ideale di un film di animazione, ‘Interstella 5555‘, disegnato dal celeberrimo fumettista Leiji Matsumoto.


3. Kings Of Convenience: ‘Quiet Is The New Loud’ (Source, 2001)

Il minimalismo in voga nei primi anni del nuovo secolo, ben rappresentato dalla ballate dei Coldplay e dalle schiette rocksong degli Strokes, ebbe il proprio apice nel cosiddetto New Acoustic Movement, scena creata piuttosto arbitrariamente dai magazine dell’epoca che metteva insieme diverse band inclini a un suono, per l’appunto, prevalentemente acustico. Alla guida del movimento erano stati issati i Kings Of Convenience, due amici di Bergen (Norvegia) con la passione per Simon & Garfunkel e un’abilità melodica fuori dal comune. Con pochi elementi (quasi esclusivamente le voci di entrambi e le relative chitarre acustiche) e un titolo che sapeva molto di manifesto programmatico (‘Quiet Is The New Loud‘), Erlend Øye e Eirik Glambek Bøe riuscirono a realizzare uno degli album più significativi, ispiranti e soprattutto meglio riusciti di quell’anno, in cui gli intrecci vocali e gli arrangiamenti minimali arrivavano a mettere in moto un’empatia di livello elevatissimo. ‘I Don’t Know What I Can Save You From‘, ‘Toxic Girl‘ e ‘Failure‘ sono tre fulgidi esempi a proposito.


4. Gorillaz: ‘Gorillaz’ (Parlophone, 2001)

Sazio del successo ottenuto con i Blur, per il nuovo millennio Damon Albarn aveva in animo di cominciare a esplorare nuovi territori e di mettere in atto nuovi progetti. Insieme all’amico fumettista Jamie Hewlett ebbe l’idea di creare dal nulla una band virtuale, disegnata da Jamie e ‘musicata’ da egli stesso. Era anche un’occasione per dare sfogo alla propria passione per l’hip-hop, che miscelato con la sua tipica attitudine (brit-)pop e con qualche manciata di altri generi, diede vita a una delle più peculiari proposte musicali degli anni ’00. Le canzoni dei Gorillaz invasero ben presto MTV, le radio e le pubblicità, e vendettero più dei Blur. Del resto questo esordio conteneva evergreen del calibro di ‘Clint Eastwood‘, ‘Tomorrow Comes Today‘ e ‘19-2000‘.


5. Black Rebel Motorcycle Club: ‘B.R.M.C.’ (Virgin, 2001)

Dicevamo poco sopra della tendenza in auge all’inizio del nuovo secolo, la predilezione per una maggiore essenzialità negli arrangiamenti. L’eccezione che confermava la regola erano i Black Rebel Motorcycle Club, trio di San Francisco nato da una costola dei Brian Jonestown Massacre, che le distorsioni le utilizzava eccome nei propri brani pregni di garage, psichedelia e anche un po’ di shoegaze. L’esordio di Peter HayesRobert Levon Been e Nick Jago trovò terreno fertile grazie al momento storico favorevole a tutto quanto fosse rock, ma ebbe anche indubbi meriti di per sé. Questo grazie a ipnotizzanti trip di chitarra e a un suono cupo, decadente e claustrofobico, ma differente rispetto a quelli creati da chi in passato aveva ricercato analoghe atmosfere. ‘Whatever Happened to My Rock ‘n’ Roll (Punk Song)‘, probabilmente il loro brano più celebre di sempre, fu un potentissimo traino a tutto quanto contenuto in questo LP.


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