PUP: ‘Morbid Stuff’ (Rise, 2019)

Genere: punk-rock | Uscita: 5 aprile 2019

Per Stefan Babcock, leader dei PUP, il punk-rock è sempre stato una sorta di psicoterapia. Il titolo dello scorso album, ‘The Dream Is Over‘ (2016), si riferiva all’enorme spavento procuratogli dallo stato di salute delle sue corde vocali, che per diverso tempo hanno messo in dubbio la realizzazione del suo “sogno” di fare musica. Nonostante ciò Stefan non ha smesso di cantare, men che meno di urlare. Alla fine la battaglia l’ha vinta: insieme agli amici Nestor Chumak (basso), Zack Mykula (batteria) e Steve Sladkowski (chitarra), con cui suona dai tempi dell’università, ha tagliato il traguardo del terzo album, che è anche quello del definitivo salto di qualità.

Esorcizzato il pericolo della fine della carriera, Stefan non si sente comunque sereno. Oggi lotta, sempre come un leone, contro il suo mal di vivere, la propria insicurezza, e contro un mondo che definisce “fucking dogshit“. La sua band è per lui ancora una volta una fondamentale valvola di sfogo: “Suonare queste canzoni super-divertenti, energiche, rumorose, che parlano del miserabile schifo intorno a me, è davvero un modo catartico, produttivo e divertente di relazionarsi con tutte queste sensazioni negative. E’ meraviglioso poter scaricare rabbia e aggressività suonando e divertendosi con gli amici“, spiega Babcock a Rolling Stone USA. Da qui il titolo del disco, ‘Morbid Stuff‘, che con l’italiano “morbido” ha solamente l’assonanza (il vero significato è “morboso, patologico”). Da qui anche la forma e la sostanza delle nuove canzoni dei PUP (acronimo di “Pathetic Use of Potential”), più dirette rispetto alle precedenti e, se possibile, ancora più impetuose.

E’ una scarica elettrica di nichilismo e malessere quella che i quattro ragazzi canadesi scaraventano sull’ascoltatore: lo fanno attraverso le 11 tracce di un disco che seguita a mantenersi nei binari della tradizione popular punk nord-americana dalle radici ben salde negli anni ’90 di NoFX, Bad Religion e Green Day. La band di Toronto, come già mostrato in passato, non si limita a ribadire la formula, ma la rivolta come un calzino, pur mantenendone inalterate le componenti caratteristiche (chitarre incalzanti, cori abbondanti, urla reiterate). E’ dunque una progressione non lineare la loro, in cui frequentissimi sono gli stop and go e le variazioni di ritmo all’interno dei singoli brani (svetta, a proposito, il trittico iniziale formato da ‘Morbid Stuff’, ‘Kids’ e ‘Free At Last’), ma che mostra anche la capacità di offrire altro, come una divagazione nu-metal quale ‘Full Blown Meltodwn‘, l’apparente folk di ‘Scorpion Hill‘ e una toccante e ruvida ballata come ‘City‘. Quest’ultima, posta in chiusura, è particolarmente interessante perché potrebbe rappresentare una possibile futura direzione del gruppo. Quella attuale è comunque estremamente chiara: come dice Stefan, la dettano rabbia e divertimento, che così amalgamati possono rivelarsi catartici non soltanto per lui, ma anche per chiunque di noi lo stia ad ascoltare. Dell’ottimo punk-rock come quello dei PUP, assunto nelle giuste dosi, è uno dei migliori espedienti per affrancarsi dalle frustrazioni quotidiane.

VOTO: 😀



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