The Antlers: ‘Green To Gold’ (Transgressive, 2021)

Genere: soft-rock | Uscita: 26 marzo 2021

Si erano letteralmente persi di vista gli Antlers, fermi al 2014 e a quel ‘Familiars‘ che per un settennato è stato il loro album più recente. Tra la crisi di rigetto del loro deus-ex-machina Peter Sieberman e suoi delicati problemi di salute che parevano rappresentare un crudele contrappasso dantesco: prima la perdita dell’udito da un orecchio, quindi un serio problema alle corde vocali. Sono stati i concerti per le celebrazioni dei 10 anni di quello che resta il loro capolavoro assoluto, ‘Hospice‘ del 2009 (un concept sulla sofferenza fisica ed emotiva splendidamente costruito e interpretato), a far tornare a Peter la voglia di fare ancora parte della band che aveva fondato, oltre a rinsaldare il rapporto personale e professionale con quello che è da sempre stato il suo batterista, Michael Lerner: “Durante quel tour, testando la guarigione della mia voce su vecchie canzoni e riconnettendomi con il nostro pubblico, ho capito quanto fosse importante sia per me che per loro“, racconta Sieberman nella press-release della Transgressive Records, che insieme alla Anti- diffonde questo ‘Green To Gold‘, il sesto LP in carriera della band newyorkese.

Gli Antlers del 2021 sono però individui diversi, più maturi, temprati dagli eventi e da un età più prossima agli -anta che agli -enta. Le loro nuove canzoni, ancora una volta splendidamente confezionate, si rivelano meno ombrose e tormentate, a tratti persino solari, per quanto lo possa essere una band come la loro. “Penso che il cambiamento di tono sia dovuto all’invecchiamento. Non ha senso per me cercare di attingere alla stessa energia che avevo dieci o quindici anni fa, perché continuo a crescere come persona, come sono sicuro che fa anche il nostro pubblico. ‘Green To Gold’ ha proprio a che fare con quest’idea di graduale cambiamento“, spiega il frontman.

Si ascolta dunque un disco in cui la chitarra acustica, il pianoforte e una batteria molto delicata sono le basi su cui si poggia un suono languido, romantico, garbato ed elegante, che si apre e si chiude con uno strumentale (‘Strawflower‘ ed ‘Equinox‘) quasi richiedesse espressamente uno slow-listening paziente e approfondito. Brani come ‘Wheels Roll Home‘, ‘Solstice‘, ‘Stubborn Man‘, ‘It Is What It Is‘ e ‘Green To Gold‘ scorrono carezzevoli e lenti, un poco ridondanti e scarsamente dinamici, presentando tuttavia i titoli per essere considerati dei modelli di genere. D’altra parte, quello che hanno fatto gli Antlers lo si è da sempre potuto ascoltare soltanto dagli Antlers, ed è questo il pregio sostanziale di una band che riesce sempre, anche a dispetto delle difficoltà, a trovare una propria strada.

VOTO: 🙂



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