The Howl & The Hum: ‘Human Contact’ (AWAL, 2020)

Genere: alternative-rock | Uscita: 29 maggio 2020

Con quegli occhiali tondi e un taglio di capelli che andava di moda trent’anni fa, Sam Griffiths potrebbe essere scambiato per un cosplayer de ‘L’Attimo Fuggente‘. D’altra parte il background da studente secchione ce l’ha, all’università di York ha studiato lettere e filosofia, e parlandoci insieme è frequente sentirlo citare William Butler Yeates o TS Eliot. Nell’incantevole cittadina inglese Sam ha però trovato terreno fertile anche per la sua passione musicale: “A York ci sono più pub che giorni dell’anno“, scherza lui per rendere l’idea, ed è proprio tra birre e hamburger che il giovane cantautore ha iniziato a esibirsi davanti a un pubblico. Le serate cosiddette open mic vanno molto di moda nello Yorkshire, e si può dire che Sam le abbia praticamente girate tutte. E’ proprio durante le sue moltissime improvvisazioni a microfono aperto che ha conosciuto i suoi compagni di band, con i quali pubblica singoli ed EP dal 2017.

Human Contact‘, a livello di long playing, è però un esordio. In questi ultimi tre anni, d’altronde, il nome The Howl & The Hum è girato abbastanza, oltre che con un furgone scalcinato per brevi tour in piccoli locali, anche tra appassionati e addetti ai lavori. La AWAL, a metà tra un’etichetta discografica e un’agenzia di marketing, non se li è fatti scappare, e li ha infilati nel proprio roster accanto a gente in rampa di lancio come Finneas, Little Simz, Gerry Cinnamon e Girl In Red. Li ha mandati in studio con Jolyon Thomas, uno che ha lavorato agli ultimi album di Royal Blood, Slaves e persino U2, e vi ha cavato un disco dal potenziale commerciale elevatissimo. Questo non perché i quattro ragazzi di York siano scesi a chissà quali compromessi, ma per il fatto che la loro musica pare perfetta per chi, negli ultimi 15 anni circa, ha apprezzato quel post-punk radiofonico che ha consegnato palchi di festival e arene a gente come Killers, Editors e White Lies.

E’ infatti soprattutto grazie alla magniloquente produzione di Thomas che in ‘Hall Of Fame‘, ‘Until I Found A Rose‘ ed ‘A Hotel Song‘ sembra quasi di ascoltare Brandon Flowers. In realtà, sul loro sito ufficiale, The Howl & The Hum citano altri: Leonard Cohen, Phoebe Bridgers, Lizzo, Kendrick Lamar, Massive Attack, Radiohead e Alt-J. Non tutti sembrano calzare con quanto contenuto in questo disco, ma possono spiegare il motivo per cui le carte che Sam Griffiths e soci si giocano nelle 13 tracce in scaletta siano effettivamente molte: “Nelle canzoni ci mettiamo semplicemente ciò che pensiamo ci possa stare bene. Se ci vogliono dei synth, mettiamo dei synth“, sentenzia il chitarrista Conor Hirons in questa intervista. In effetti, di suoni sintetici in questo disco ce ne sono parecchi, tanto che a un primo ascolto potrebbero anche essere scambiati per un progetto elettronico: “E’ stato Joydon a farci provare praticamente tutto, anche quando non eravamo convinti ce ‘ha fatto registrare per vedere come suonava“.

Così facendo, ‘Human Contact‘ è venuto su molto bene. Parte da un solidissimo songwriting (Griffiths ha indubitabilmente talento), che la produzione hi-fi asseconda pur non valorizzandolo totalmente. Sono infatti i brani meno stratificati, come ‘Sweet Fading Silver‘ e ‘Pigs‘, a metterlo maggiormente in risalto, o quelli più incanalati a un’univoca idea produttiva, ad esempio il synth-pop di ‘27‘ e il trip-hop di ‘Murmur‘. Proprio il fatto che ciò che Sam scrive ben si adatti a vestiti così diversi (citiamo anche il glitch-pop di ‘Got You On My Side‘ e la molto Alt-JLove You Like A Gun‘), deve fare accendere una lampadina: The Howl & The Hum non vanno persi di vista, e il concerto italiano di gennaio 2021, quando il ‘contatto umano’ potrà essere ripristinato, avrà molte probabilità di essere affollato.

VOTO: 😀



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