Orville Peck: ‘Show Pony’ EP (Columbia, 2020)

Genere: alt-country | Uscita: 14 agosto 2020

Alzi la mano chi, circa un anno e mezzo fa, avrebbe mai pensato che un cowboy mascherato esordiente su Sub Pop sarebbe potuto arrivare ad aprire i concerti di Harry Styles e a sedere in prima fila alle sfilate di Dior. Potenza dell’hype, generato da una serie di indovinati accorgimenti promozionali, ma soprattutto dall’irresistibile bellezza old fashioned di ‘Pony‘, l’album che ha riportato la country-music tra gli hipster. Un disco davvero per tutti i palati, quelli esigenti degli alternativi quanto quelli con meno pretese artistiche legate alla tradizione. È una delle carte vincenti di Orville Peck il fornire diversi livelli di lettura per le sue storie da cowboy nichilista e un po’ depresso. Oltre, ovviamente, ai luccicanti completi glam-western e alle mascherine a tendina che ne celano l’identità: “Qui c’è un uomo che intende celare il proprio volto ma non la propria anima“, è l’efficace descrizione che ne dà l’NME.

Tutto il glamour, volontario e involontario, generato da quell’album uscito a marzo 2019 ha finito per attirare le attenzioni anche di una major come la Columbia/Sony, che ha prontamente strappato l’artista alla storica etichetta di Seattle e gli ha fornito un discreto budget oltre a completi ancor più scintillanti. Il primo passo dopo la sigla del contratto più importante della carriera del musicista di Vancouver (che fino a pochi anni fa stava dietro a una batteria di una misconosciuta band punk canadese), è questo EP di sei tracce (cinque composizioni originali più una cover di ‘Fancy‘ di Bobbie Gentry), la cui macchina promozionale è stata avviata in grande stile, a partire dal duetto con Shania Twain per arrivare ai bellissimi (e certamente costosi) video associati a tre dei sei brani della tracklist. È un Peck ormai estremamente consapevole quello che si sente cantare in registrazioni di altissima qualità, sempre a metà tra Johnny Cash e Morrissey anche se a detta sua questo disco è stato ispirato da Neil Young And The Crazy Horse.

Ricco di un bel canto in cui Orville si trasforma in vero e proprio crooner, ‘Show Pony‘ e la versione edulcorata di ‘Pony‘, senza chitarre elettriche troppo invadenti né drag queen assurte a protagoniste di canzoni, ma concentrato sulla rivisitazione non troppo fuori dagli schemi delle strutture e delle tematiche tradizionali del genere di riferimento. E’ un compromesso da cui il cantautore canadese esce comunque vincitore, sia per una qualità di scrittura che produce almeno altri due evergreen di altissimo livello (‘Summertime‘ e ‘No Glory In The West‘), sia per la versatilità che mostra nel duetto con la celeberrima connazionale da 100 milioni di copie vendute, non a caso definita da Wikipedia “la regina del country-pop”. È proprio il mantenimento della credibilità in un brano rischiosissimo come ‘Legends Never Die‘, un duetto con una dinamica da Al Bano & Romina, che dimostra come la fiducia nel cowboy mascherato sia stata ben riposta. Il conto alla rovescia per il primo pezzo scritto per Christina Aguilera è appena cominciato, ma Orville Peck sembra avere sufficiente spessore artistico per rimanere sé stesso. Che il dio del Far West ce lo conservi così com’è.

VOTO: 🙂



Lascia un commento