Bobby Gillespie & Jehnny Beth: ‘Utopian Ashes’ (Sony, 2021)

Genere: chamber-pop | Uscita: 2 luglio 2021

Come racconta Jehnny Beth in questa intervista a Rolling Stone, la sua prima collaborazione artistica con Bobby Gillespie si realizzò su un palco, per quello che in seguito, purtroppo, si rivelò essere l’ultimo concerto dei Suicide. Fu Alan Vega in persona a volerli con sé per cantare ‘Dream Baby Dream‘. Da quel giorno una semplice conoscenza divenne via via una vera e propria frequentazione, e quindi una effettiva collaborazione. L’idea di iniziare a suonare insieme in realtà fu di Andrew Innes, il chitarrista dei Primal Scream, coinvolti in toto nella realizzazione di questo disco alla stregua di Johnny Hostile, abituale partner creativo della Beth.

Utopian Ashes‘ è, anche per questo, qualcosa di molto lontano rispetto a quanto abbiamo sinora ascoltato dalla frontwoman delle Savages. In realtà pure da ciò che i Primal Scream hanno proposto nella loro lunghissima carriera, sebbene qualche ballata come ‘Star‘ o il blues/gospel di ‘Screamadelica‘ possano essere vagamente richiamati da queste nove composizioni totalmente analogiche, che vedono la presenza di un’ampia strumentazione da camera e un’interpretazione dei due protagonisti altrettanto distante dai loro standard.

Sostanzialmente il concept del disco è la fase finale di una relazione di una coppia in crisi, con relativi rimpianti, rimorsi e problemi di comunicazione. Bobby e Jehnny interpretano ovviamente i due protagonisti, in un’interazione molto gainsbourghiana che permette di apprezzarne la versatilità. E’ un cantautorato vintage di peculiare unicità, il loro, che si giova della somma degli addendi ma in maniera inattesa, rappresentando con una certa teatralità e grandiosità, ma credibilmente, la storia raccontata. ‘Chase It Down‘, ‘Living A Lie‘ e ‘You Can Trust Me Now‘ rimarrebbero comunque mirabili anche al di là di un contesto che permette di godere della personalità di due grandi artisti e musicisti, avventuratisi per l’occasione al di fuori della propria comfort zone. Non è forse ciò che ogni collaborazione di alto livello dovrebbe conseguire?

VOTO: 😀



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