Built To Spill: ‘When The Wind Forgets Your Name’ (Sub Pop, 2022)

Genere: indie-rock | Uscita: 9 settembre 2022

Quella dei Built To Spill è una storia di successo, coerenza e indipendenza artistica. Persino nel 1995, quando la band fondata a Boise (Idaho) tre anni prima firmò il suo primo e sinora unico contratto con una major, la Warner Bros, Doung Martsch ottenne piena libertà creativa. Quell’accordo fruttò i suoi due dischi migliori, o perlomeno più noti: ‘Perfect From Now On‘ (1997) e ‘Keep It Like A Secret‘ (1999). Da allora, una solidissima fanbase ha sempre seguito le vicissitudini del musicista americano, seminale nel congegnare una sua personale versione del rock alternativo spruzzandolo di folk e psichedelia, ma che non ha mai troppo commercialmente sfruttato la raggiunta notorietà: sono solamente quattro gli LP pubblicati dal 2001 a oggi.

When the Wind Forgets Your Name‘ è il nono album di una carriera che proprio quest’anno compie trent’anni, ed è il primo dal 2015, oltre che un esordio per Sub Pop: “Sono il primo cinquantenne che abbiano mai messo sotto contratto“, scherza Martsch, che anche questa volta si è servito dell’apporto di musicisti che non avevano mai suonato con lui in un disco, i brasiliani Le Almeida e João Casaes, entrambi membri degli Oruã, collettivo di jazz-rock psichedelico. “Cambio sempre la formazione per molte ragioni. Ogni volta che finiamo un disco voglio che il prossimo suoni totalmente diverso. È divertente suonare con persone che apportano nuovi stili e idee, ed è bello essere in una band con persone che non sono ancora stanche di me“, aggiunge il frontman.

Nonostante l’apporto esotico, è al 100% il suono dei Built To Spill quello che si sente in questo disco, si trovano le stesse melodie agrodolci che li hanno fatti diventare un culto, le medesime code strumentali guidate principalmente dalle chitarre. ‘When The Wind Forgets Your Name‘ è allo stesso tempo una conferma delle abilità di uno dei più insigni musicisti indie americani, e un gradito ritorno di sonorità non certo inflazionate negli ultimi anni. Contiene canzoni molto belle come ‘Gonna Loose‘, ‘Elements‘, ‘Spiderweb‘ e ‘Comes A Day‘, curate in ogni minimo dettaglio da una backing band sopra la media, che sa renderle semplici nella loro stratificata complessità. Non ci sono grandi sorprese in questo disco, ma le composizioni di Martsch suonano ancora fresche e vitali come se fosse un esordiente. Ed è questo il grosso pregio di un altro lavoro formalmente inappuntabile, e il segreto di quel successo di cui si parlava in apertura.

VOTO: 🙂



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