Coriky: ‘Coriky’ (Dischord, 2020)

Genere: art-rock | Uscita: 12 giugno 2020

I Coriky sono una band di Washington DC. Amy Farina suona la batteria. Joe Lally suona il basso. Ian MacKaye suona la chitarra. Tutti cantano. Formatisi nel 2015, i Coriky non avevano mai fatto un concerto prima del 2018. Hanno registrato un album. Sperano di andare in tournée.

E’ questa la stringatissima press-release che si propone di introdurre i Coriky, trio dall’eredità musicale ben più importante di qualsiasi altra band esordiente quest’anno. Non sono in effetti necessarie molte righe per ricordare chi fossero i Fugazi, la loro importanza nell’esplosione dell’alternative-rock a inizio anni ’90, l’influenza che hanno avuto sulla scena grunge, primi tra tutti i Nirvana (Kurt Cobain fu loro grande fan e poi amico). Passarono una vita a rifiutare i milioni di dollari offerti loro dalle major discografiche per rimanere artisticamente ‘puri’, restando legati fino all’anno del sostanziale scioglimento, il 2003, alla piccolissima Dischord Records co-fondata dallo stesso frontman Ian MacKaye. Nonostante ciò e senza alcun tipo di promozione su larga scala, vendettero letteralmente milioni di copie, venendo citati come fonte d’ispirazione anche da gente non di secondo piano come Red Hot Chili Peppers, Blur, At The Drive-In, Pearl Jam, Elliott Smith, Modest Mouse, American Football.

Sempre da Dischord viene pubblicato anche questo ‘Coriky‘, ovvero il disco che più si avvicina alla line-up originaria del seminale quartetto americano. Ci sono i due membri fondatori, MacKaye e Lally, oltre alla Farina, moglie di Ian e sorella di quel Geoff Farina che giudò per anni i Karate, altra band di assoluto culto a cavallo tra ’80 e ’90. I due, dopo lo hiatus dei Fugazi, avevano già fatto uscire tre dischi insieme come The Evens, mentre Lalli, tra le altre cose, ha due pubblicazioni recenti come The Messthetics insieme all’ altro ex collega Brendan Canty. Insieme, però, Ian e Joe non suonavano da ‘The Argument’ del 2001, l’ultimo capitolo prima del permanente letargo. E’ dunque un album a suo modo storico quello di cui vi parliamo, come se Lennon e McCartney, a un certo punto, avessero fondato una band con Yoko Ono alla batteria. Passateci il paragone giacché i Fugazi, nella storia dell’alt-rock, non hanno un ruolo meno rilevante di quello dei Beatles per la pop-music.

Clean Kill‘ è, per esempio, un opener da tuffo al cuore per un vecchio fan dei Fugazi, per come MacKaye lo canta e per come schitarra qua e là apparentemente senza preavviso, come ai bei tempi. L’assenza di un vero e proprio comunicato stampa e di interviste promozionali lascia non pienamente comprensibile significato di alcuni brani, ma è certo che il loro art-rock politicamente combattivo, a livello di tematiche, sia ridisceso in campo. Musicalmente le loro canzoni sono spesso sghembe e sfuggenti (‘Say Yes‘, ‘Have A Cup Of Tea‘, ‘Last Thing‘, ‘Woulda Coulda‘), a brevi tratti nevrotiche come una volta (‘Hard To Explain‘, ‘Too Many Husbands‘, Shedileebop‘), di certo paiono tutt’altro che alla ricerca dell’accondiscendenza radiofonica. Sono rilevanti sopratutto eticamente, nel mostrare un modo di intendere l’arte musicale – oggi tornato a essere inedito – in cui ciò che si canta e si suona rimane il solo e unico livello espressivo. In questo senso ‘Coriky‘ è un ritorno di ottima fattura, che non sfigura di fronte a contanto passato e anzi, ne rinverdisce idee, intenti e spirito.

VOTO: 🙂



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