Dirty Projectors: ‘5 EPs’ (Domino, 2020)

Genere: art-pop | Uscita: 20 novembre 2020

Le metamorfosi dei Dirty Projectors sono state frequenti e molteplici nei loro onoratissimi 18 anni di carriera. Cambiamenti stilistici molto ricorrenti, ma anche continui avvicendamenti di line-up, con l’unica costante rappresentata dall’estroso fondatore David Longsteth, uno che cento ne pensa e cento ne fa, spesso in un’unico disco. La sua trovata per il 2020 prende spunto da una massima di Allen Ginsberg: “first thought best thought“, che più o meno significa “la prima idea è sempre la migliore“, declinata nello stile della sua band e funzionale alla formazione nuova di zecca messa in piedi per il tour di ‘Lamp Lit Prose‘, l’album uscito due anni fa: ogni membro del gruppo avrebbe dovuto scrivere di getto (e interpretare) quattro canzoni che avrebbero fatto parte di altrettanti EP in uscita lungo tutto il 2020, a cui in corso d’opera se ne è aggiunto un quinto in cui il gruppo torna a cimentarsi collettivamente.

Un totale dunque di ‘5 EPs‘, come esplicita il titolo di questa raccolta, che moltiplicati per quattro tracce ciascuno fa un totale di 20 canzoni. Cinque lavori molto diversi tra loro, che riflettono i percorsi personali dei singoli membri: citando la nota stampa, “il folk esistenziale di ‘Windows Open’ cantato da Maia Friedman, il future soul di Felicia Douglass in ‘Flight Tower’, le melodie infinite di Longstreth in ‘Super João’, e i glitch orchestrali ricomposti di ‘Earth Crisis’ con Kristin Slipp“.

Sarebbe dunque ingeneroso valutare quest’opera come fosse un album, ma rimane interessante da ascoltare perché mostra plasticamente quali e quante risorse, ancora oggi, i Dirty Projectors possano mettere in campo. Dovendo scegliere, sono le prime quattro tracce, quelle della chitarrista Maia Friedman, che si fanno preferire, anche perché rimandano al classico suono alt-folk della band che rappresenta quanto le è sempre riuscito meglio. In 55 minuti di durata ci sono inevitabilmente passaggi trascurabili (soprattutto nel 2° EP, troppo appiattito sull’R&B, e nel 4°, eccessivamente barocco) e molti divertissement che in un LP vero e proprio non avrebbero probabilmente trovato spazio. C’è però anche una piccola perla, che si intitola ‘No Studying‘, fa parte dell’ultimo lotto ed è un inatteso rock ‘n’ roll che si trasforma in un allegro folk collegiale. È un sunto migliore di qualunque ipotetico bignami, calzante sintesi dell’approccio musicale di una band che non rinuncia mai a tentare di sorprendere.

VOTO: 😐



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