Feist: ‘Multitudes’ (Polydor, 2023)

Genere: art-folk | Uscita: 14 aprile 2023

La genesi di ‘Multitudes‘ è alquanto insolita, sia per essere un album di Feist che con raffronti più generici. Innanzitutto per quanto accaduto nella vita privata della musicista canadese, a seguito della perdita del padre e della nascita della figlia adottiva. Quindi per la pandemia, che come ad altri artisti le ha consentito un lungo periodo di riflessione e introspezione. Soprattutto, per come è si è sviluppato il processo creativo di queste dodici canzoni: una prolungata live residency denominata anch’essa ‘Multitudes‘, in cui i brani hanno preso forma e sono stati ripetutamente provati live. Le registrazioni si sono tenute invece nella totale tranquillità dei boschi del parco nazionale di Redwood, in California, con il supporto di tre diversi produttori: Robbie Lackritz, Mocky e il ‘solito’ Blake Mills.

È dunque un alternarsi di emozioni di opposta natura ad avere dato forma alle nuove composizioni di Feist, mai così essenziali negli arrangiamenti, che spesso prevedono soltanto la sua voce e una chitarra acustica. “Le canzoni erano nuove, la perdita di mio padre recente, il ruolo di madre ancora inedito. Dovevo capire come relazionarmi con tutti questi abiti diversi che ero costretta a indossare“, ricorda Leslie al Guardian. “Cercavo qualcosa di morbido che potesse alleviare il rigore che comporta l’essere genitore di un neonato“, spiega ancora, rivelando la ragione della scelta di una chitarra con corde di nylon, e spiegando perché si sia concentrata sull’ascolto di ninne nanne oltre che di musica tradizionale argentina e haitiana.

E così ‘Multitudes‘ scorre placido ma tutt’altro che semplice, attira in sé ulteriori stratificazioni sebbene soltanto in episodi molto circoscritti, rinunciando quasi totalmente alla ritmica di un basso o di una batteria. Ne esce un disco sicuramente peculiare, forse un po’ troppo monocolore rispetto alla qualità delle canzoni e all’eccezionalità di testi, che paiono poesie. ‘In Lightning‘, ‘Hiding Out In The Open‘, ‘Calling All The Gods‘ e soprattutto ‘Borrow Trouble‘ mostrano cosa sarebbe potuto essere questo lavoro con più strumentazione e maggiore imprevedibilità, e rappresentano una ideale linea di demarcazione tra un disco molto valido e uno eccellente.

VOTO: 🙂


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