Foo Fighters: ‘But Here We Are’ (Roswell, 2023)

Genere: alternative-rock | Uscita: 2 giugno 2023

Dall’ingresso di Taylor Hawkins nel gruppo (era il 1998), Dave Grohl aveva sostanzialmente delegato ogni incombenza che avesse a che fare con batteria e percussioni. Un po’ per occuparsi a tempo pieno del ruolo di frontman e chitarrista, un po’ per la sincera stima, anche professionale, per il collega. Dave e Taylor erano però soprattutto amici, e l’improvvisa scomparsa del compagno di band a marzo 2022 ha senza dubbio segnato la storia dei Foo Fighters, e in prima istanza di questo disco. ‘But Here We Are‘, undicesimo LP di una carriera costellata di trionfi e bagni di folla, doveva inizialmente essere un album strano, “an insane prog-rock record” secondo i desiderata dell’ex Nirvana. Poi, la tremenda notizia, seguita diversi mesi di lutto e incertezza sul futuro, e quindi la realizzazione di un’opera interamente dedicata ad Hawkins, sin dal titolo. Con Dave che ha dovuto riprendere le bacchette per tutte le sue dieci tracce.

Incanala la naivité del primo disco dei Foo Fighters, supportandola con decenni di maturità e profondità” recita il sito ufficiale del sestetto, che ha da poco un nuovo batterista – Josh Freese – non coinvolto nelle registrazioni di questo disco, avvenute a Los Angeles insieme al celebre Greg Kurstin. È in effetti un album diretto quanto il debutto, questo, che non si perde in fronzoli o ridondanze: l’esatto opposto di un disco prog. La componente empatica, la rabbia per l’insensata perdita che si trasforma in rassegnazione e accorato ricordo, è il tema principale di questo lavoro, e vi trasuda da ogni nota.

E poi, ci sono belle canzoni, come da tempo non si sentivano tutte insieme su un disco dei Foo Fighters. I vigorosi singoli ‘Rescued‘ e ‘Under You‘, una ballata toccante come ‘Show Me How‘, in cui il duetto con la figlia di Grohl, Violet, non appare pretestuoso e tanto meno nepotista. Menzione speciale per il power-pop psichedelico di ‘The Glass‘ e per le code sonore di ‘Beyonnd Me‘ e della lunghissima ‘The Teacher‘, in cui il Dave batterista ritorna agli antichi fasti. Ma è tutto ‘But Here We Are‘ a suonare solido e allo stesso tempo essenziale, un sentito e misurato ricordo di un amico che rende onore sia a chi non c’è più che alla band che lo ha concepito.

VOTO: 🙂



 

Lascia un commento