Jade Bird: ‘Jade Bird’ (Glassnote, 2019)

Genere: folk-rock | Uscita: 19 aprile 2019

Cresciuta nel sud del Galles con la mamma e la nonna, Jade Bird ha sempre avuto la precisa idea di fare la musicista. Per questo si trasferì, ancora adolescente, a Londra, dove riuscì a entrare alla BRIT School, uno degli istituti di performing arts più importanti della capitale, lo stesso che ha diplomato gente come Adele e Amy Winehouse. La sua sembrava una vera e propria vocazione: dall’età di 12 anni non ha mai smesso di scrivere canzoni, anche 200 in un solo anno, dopo che da piccola rimase colpita dai dischi dei Mazzy Star e da classici quali Loretta Lynn, Johnny Cash e Dolly Parton. Durante la sua permanenza a Londra, Jade cominciò anche a suonare frequentemente davanti a un pubblico, fu in un locale di Camden che la Glassnote Records si accorse del suo talento, mandandola subito a Rhinebeck, non lontano da New York, a registrare il suo primo EP sotto il tutorato di Simone Felice dei Felice Brothers.

Così, a soli 18 anni Jade affrontò il suo primo volo extra-continentale, trasferendosi stabilmente nella tenuta di Mr. Felice, dove tra fienili e granai completò la sua formazione. Il fatto che il primo EP, registrato proprio sotto la sua supervisione, si chiamasse ‘Something American‘, la dice lunga: difficile riconoscere le origini British nella musica della cantautrice nata a Hexham, l’impatto della tradizione folk/country-rock Americana (con la A maiuscola) è evidente, e forse anche un po’ troppo condizionante.

Non destano di conseguenza alcuna sorpresa le canzoni della pur brava Jade, che ha dalla sua un timbro e un’estensione vocale davvero invidiabili ma che non riesce a elevarsi da una diffusa ordinarietà, alla stregua di diverse colleghe che hanno raggiunto più il pubblico che i libri di storia della musica come Meredith Brooks, Tracy Bonham, Joan Osborne, Michelle Branch, Vanessa Carlton e via discorrendo. Oggi però, musiciste più o meno coetanee come Phoebe Bridgers, Julien Baker, Aldous Harding o Julia Jacklin mostrano tutt’altro spessore cantautorale e profondità emotiva. Ciò per cui Jade riesce a farsi notare sono alcuni numeri radio friendly che sarebbero stati perfetti ai tempi dei jukebox (‘I Get No Joy‘, ‘My Motto‘, ‘Love Is All Be Done Before‘, con l’unico vero sussulto dato dalla grintosa ‘Uh Huh‘). Ora che c’è Spotify e cambiare canzone è molto più semplice e rapido, rischiano però di non rimanere impresse che per più di qualche giorno.

VOTO: 😐



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