Moaning: ‘Moaning’ (Sub Pop, 2018)

Per chi vuol fare musica Los Angeles deve essere una specie di paradiso. Ci sono questi locali attorno ai quali si radunano moltitudini di musicisti che hanno la chance di ‘fare gavetta’ suonando, possono scambiarsi idee confrontandosi tra di loro e, quando l’intesa è particolare, formare una nuova band. Un po’ quello che è successo ai Moaning, che posti come The Smell e Pehrspace già li frequentavano da una decina d’anni e che a un certo punto hanno deciso di fare qualcosa di serio insieme. Scoperti da Alex Newport, produttore di At The Drive In, Bloc Party, Death Cab For Cutie e City And Colour, sono arrivati al debutto niente meno che con la Sub Pop.

I Moaning fanno post-punk, dunque un genere che non dà grosse possibilità di rielaborazione. Nonostante ciò, la personalità che buttano in queste loro prime canzoni è parecchia. Si sente l’influenza di LA (l’ottimo openerDon’t Go‘ sembra essere la versione 1979 dei No Age), come anche ascolti ripetuti di Cure, New Order e Interpol. Da parte loro, i Moaning riempiono lo spettro sonoro con muri di chitarre che spesso sfociano in un principio di shoegaze, sempre mantenendo quel mood dark che è implicito nella scelta di genere. La scrittura è sicura ed essenziale (belle anche ‘Tired‘ e ‘The Same‘), ben poco risulta ridondante, sintomo di maturità per una band che comunque è all’esordio. Insomma, per i fan di qualunque cosa graviti in orbita post-punk, questo album è un regalo inatteso.

VOTO: 🙂



 

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