Slow Pulp: ‘Moveys’ (Winspear, 2020)

Genere: dream-pop | Uscita: 9 ottobre 2020

Potrebbe sembrare beffardo che quattro ragazzi che “hanno vissuto insieme, sono andati in tour insieme, hanno lavorato insieme, e hanno suonato insieme“, si siano trovati a terminare il loro album di debutto a distanza. Alexander Leeds (basso), Theodore Mathews (batteria) e Henry Stoehr (chitarra) nella loro nuova residenza di Chicago, ed Emily Massey (voce) a Madison, Wisconsin, dove tutti e quattro sono nati, dove gli Slow Pulp si sono formati e dove la frontwoman è dovuta tornare per prendersi cura dei genitori, contusi dopo un incidente automobilistico. Così, i ritocchi conclusivi a ‘Moveys‘ sono stati dati via mail e Facetime, con le parti vocali registrate a casa di Emily insieme al padre musicista (nel frattempo rimessosi in forma), e il resto nella sala prove della band in Illinois.

Dopo un tentativo andato a vuoto, la scrittura di questo esordio, molto celere (26 minuti) ma intenso, era iniziata dorante il tour in supporto ad Alex G, prima vera e propria vetrina per il quartetto, che fino ad allora aveva realizzato soltanto qualche singolo ed EP, tra cui il più recente, e ancora piuttosto acerbo, ‘Big Day‘ (2019). ‘Moveys‘ segue invece una direzione ben precisa, sebbene non ancora affrancatasi da modelli di riferimento piuttosto evidenti: dream-pop e shoegaze in primis, e difatti viene il sospetto che la prima parte della denominazione, comune agli Slowdive, non sia un caso. A differenza della storica band di Glasgow, però, gli Slow Pulp non amano le dilatazioni, e delle 8 canzoni tra le 10 tracce in scaletta, quella che dura di più (il singolo ‘Idaho‘) supera appena i 4 minuti.

La loro migliore qualità è dunque quella di saper arrivare dritti al punto, con melodie delicatissime ed emozionanti (‘Trade It‘, ‘Track‘, ‘Falling Apart‘, ‘Montana‘) che coinvolgono pienamente l’ascoltatore, riff tra post-punk (‘Idaho‘) e grunge (‘At It Again‘) sempre azzeccati e una capacità di mostrare valide alternative al canovaccio principale, come la rumorosa ‘Channel 2‘ (cantata dal bassista), l’interludio al pianoforte suonato dal padre di Emily, Micheal, e la conclusiva title-track che pare un esperimento di un DJ hip-hop old school. Certamente ‘Moveys‘ è un disco ancora molto derivativo, ma le qualità di songwriter degli Slow Pulp sono indubbie, e guadagnando esperienza e personalità non potranno che fare ancora meglio.

VOTO: 🙂



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