St. Vincent: ‘All Born Screaming’

🎵 Art-rock | 🏷 Virgin | 🗓 26 aprile 2024

Tutti nasciamo urlando. Se quando si nasce si urla, è un ottimo segno perché significa che si è vivi. Ma, allo stesso tempo, tutti noi nasciamo, in qualche modo, protestando. È il paradiso e l’inferno, e tutto quello che sta in mezzo“: questo estratto di una recente intervista a Esquire descrive perfettamente quello che rappresenta ‘All Born Screaming‘ per Annie Clark alias St. Vincent. È il settimo LP di un’eccellente carriera, e da un certo punto di vista anche quello che la coinvolge maggiormente. Non soltanto perché è il primo che produce interamente da sé, ma anche perché “ci sono alcuni luoghi, dal punto di vista emotivo, che si possono raggiungere soltanto facendo una lunga passeggiata nel bosco da soli, per scoprire cosa dice davvero il proprio cuore“, afferma la musicista americana nella nota stampa della Universal, che pubblica questo disco attraverso la sua label Virgin.

Se il processo creativo è stato totalmente originato “nella mia testa, nel mio cuore e nelle mie mani“, in studio St. Vincent ha fatto entrare un sacco di persone. Molti batteristi (tra cui Dave Grohl, Josh Freese dei Foo Fighters, Stella Mozgawa delle Warpaint) e diversi poli-strumentisti di spessore come Justin Meldal-Johnsen, Rachel Eckroth e Cate Le Bon. Hanno lavorato a delle canzoni iniziate da sperimentazioni con sintetizzatori condotte sotto l’effetto di allucinogeni (“ore ed ore di musica dance industriale post-esoterica“, la definisce Annie) e sfociate, per l’appunto, in “tutto quello che sta in mezzo“, concetto ribadito da un’altra frase manifesto: “Per me, questa musica è in bianco e nero e in tutti i colori di un fuoco“.

E ce ne sono tanti, di colori, in ‘All Born Screaming‘. Non sbaglia poi di molto chi sostiene che questo lavoro sia una sorta di riassunto degli episodi precedenti, ma come di consueto tutto viene mischiato, riassettato, rinnovato. Negli articoli in merito si citano molte cose degli anni ’90, anche lontane tra loro, dai Nine Inch Nails ai Prodigy, da Tori Amos a Bjork (il riff di synth di ‘Big Time Nothing‘ ricorda parecchio quello di ‘Army Of Me‘). Ciò che ha di sbalorditivo questo disco è però la stratificazione e l’alternanza della strumentazione, l’avvento improvviso di un tappeto elettronico in un brano chamber-pop (‘Reckless‘), un blues che diventa industriale (‘Broken Man‘), o un pop barocco sporcato di rumori (‘Flea‘), o ancora un gospel electro (la succitata ‘Big Time Nothing‘), per non parlare dell’andatura solare della title-track che si trasforma in una martellante coda sonora. E tutto ciò giunge in maniera più concisa e diretta del consueto: come afferma la stessa Annie, “suona reale, perché è reale“.

St. Vincent è dunque riuscita, in soli 41 minuti, a veicolare tantissime cose provenienti dai generi musicali più disparati, organizzandole sensatamente riuscendo a tenersi alla larga della retorica, ed esprimendo pienamente sé stessa come artista e come persona. Sarebbe pleonastico dare a questo lavoro una graduatoria all’interno di una discografia di un tale livello, ma non pare avventato sostenere che ‘All Born Screaming‘ sia suo disco più denso, nella migliore accezione possibile.

😀



 

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