Still Corners: ‘The Last Exit’ (Wrecking Light, 2021)

Genere: mirage-pop | Uscita: 22 gennaio 2021

La storia degli Still Corners ebbe inizio su un treno della Overground di Londra come la più classica delle sliding doors. Greg Hughes e Tessa Murray salirono entrambi sul convoglio sbagliato, ritrovandosi a condividere la piccola sventura. Lei stava andando alle prove di un coro di cui faceva parte e lui, guarda caso, stava cercando una voce femminile per il suo nuovo progetto musicale. “Il resto è storia del rock ‘n’ roll“, scherza Greg in questa intervista, alla luce dei 14 anni insieme con cinque album all’attivo, di cui l’ultimo è proprio questo ‘The Last Exit‘, uscito per la loro etichetta personale, la Wrecking Light, fondata dopo un biennio (2011-2013) di militanza alla Sub Pop.

Da allora non molto è cambiato nella musica del duo anglo/americano: le origini desertiche di Hughes, cresciuto tra Texas e Arizona, sono sempre state determinanti per il loro sound, completato dalla voce delicata e sognante di Tessa. Le canzoni degli Still Corners appaiono tuttora adatte a musicare sia un lungo viaggio on the road che un film (magari noir, come piace a loro) di un regista impegnato, e questo nuovo lavoro ribadisce ulteriormente questa loro naturale predisposizione, poggiandosi su una strumentazione molto calda e preminentemente analogica, con persino qualche elemento naturale (l’ululato di un coyote, il frinire dei grilli, il rombo di un tuono) aggiunto in post-produzione. Un LP che era già pronto prima della pandemia, ma che è stato parzialmente riscritto nelle settimane del lockdown, durante le quali il tempo libero – e di conseguenza le idee – non sono di certo mancati.

È dunque, ‘The Last Exit‘, una totale conferma di quella raffinatezza magnetica che le composizioni degli Still Corners hanno sempre emanato, e che rimane inalterata anche quando i vocals della Murray si dissolvono, come negli strumentali ‘Till We Meet Again‘ e ‘Shifting Dunes‘. Sono però i brani in cui entrambi i componenti marcano la propria presenza che si rivelano i migliori: il dream-country della title-track, il post-punk cinematico di ‘White Sands‘, il romanticismo western di ‘A Kiss Before Dying‘, l’arrembante desert-blues di ‘It’s Voodoo‘ e la gainsbourghianaOld Arcade‘. Tutto formalmente inappuntabile, sopportabilmente ridondante e, davvero, molto piacevole da ascoltare.

VOTO: 🙂



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