The Killers: ‘Imploding The Mirage’ (Island, 2020)

Genere: stadium-rock | Uscita: 21 agosto 2020

Certo è che, se proprio il giorno della pubblicazione del tuo disco nuovo rilasci un’intervista in cui te ne esci con: “Tra 10 mesi faremo uscire un altro album che sarà meglio di questo“, non finisci propriamente per ben disporre chi si appresta ad ascoltarlo. Soprattutto se i due precedenti non sono stati granché, e se il tuo ultimo brano realmente popolare e condiviso risale al 2008. Brandon Flowers però è fatto così, è diventato una rockstar globale quasi senza accorgersene, e ha mantenuto quella spontaneità che, solitamente, chi ha venduto più di 28 milioni di copie in tutto il mondo ha da tempo misconosciuto. È rimasto il ragazzo di ‘Somebody Told Me‘ e ‘Mr. Brightside’, due hit che ancora oggi vengono suonate giornalmente nelle Virgin Radio di mezzo mondo, ma che probabilmente non avevano l’obbiettivo prefissato di rimanere nell’immaginario collettivo ben oltre il terzo lustro di vita. Più semplicemente, quei Killers del 2004 scrivevano e suonavano la musica che piaceva loro, e il caso volle che in quel preciso periodo storico fosse la musica giusta al momento giusto. Mischiare mostri sacri che stavano perdendo un po’ di colpi (ma mantenevano orde di fan) come U2, Depeche Mode e Springsteen con la freschezza indie di Strokes e Interpol si rivelò un’idea geniale, almeno discograficamente.

Diciamocelo, fu da subito evidente che i Killers non sarebbero mai potuti diventare i nuovi Smiths, ma anche chi era di gusti più difficili, alla fine, si ritrovava su una pista di un club a cantare, ballando, “Are we human or are we dancer“. Sia ‘Hot Fuss‘ (2004) che ‘Sam’s Town‘ (2006) che ‘Day & Age‘ (2008) erano, nel bene e nel male, album molti centrati, ognuno con una distintiva specificità. Non quanto accadde a ‘Battle Born‘ (2012) e ‘Wonderful Wonderful‘ (2017), persisi nell’incertezza di quello che poteva (o doveva) essere lo step successivo e di conseguenza più attenti al mantenimento dello status quo. Due passi falsi a cui ‘Imploding The Mirage‘ cerca di porre rimedio, innanzitutto riportando il tag “alternative” accanto al nome “Killers” attraverso illustri collaborazioni che nell’economia del disco paiono più di rappresentanza che di sostanza. Come quella di Adam Granduciel dei War On Drugs, delle vocals di K.D. Lang e Weyes Blood, e soprattutto dell’apporto in fase di produzione (ma anche di scrittura) di Shawn Everett degli Alabama Shakes e di Jonathan Rado dei Foxygen. A completare un quadro molto stratificato e multiforme vanno menzionati anche i contributi (minori) di Alex Cameron, dell’onnipresente Stuart Price (proprio colui che produsse ‘Human‘) e del sodale storico dei Vampire Weekend Ariel Rechtshaid.

In realtà, ‘Imploding The Mirage‘ poteva fare benissimo a meno di tutti costoro. È un altro disco classicamente alla Killers, composto da canzoni come ci si aspetterebbe componessero i Killers, da suonare in grandi stadi pieni di fan sfegatati dei Killers. Non c’è alcun ritorno alle origini in questi dieci brani esageratamente prodotti, imbottiti di synth come si farebbe ripieno un tacchino, in cui il tocco di Everett è irriconoscibile e quello di Rado, uno che ama l’abbondanza oltremisura, finisce per aggiungere ridondanza a tracce talmente sommerse di suoni da renderne ardua la distinzione. Persino le voci della Lang e di Weyes Blood diventano difficilmente udibili, e un brano come ‘Lightning Fields‘, potenzialmente tra i migliori, viene letteralmente sommerso da inutili sovrastrutture.

Rimane dunque qualcosa da salvare nel sesto album della band di Las Vegas? Sì, ad esempio il toccante concept di una coppia che si trova unita a combattere le avversità, metafora di un periodo negativo vissuto da Flowers e dalla moglie Tara. C’è anche una ritrovata verve in molti dei ritornelli springsteeniani, come quelli di ‘My Own Soul’s Warning‘, ‘Caution‘, ‘Running Towards A Place‘ e della title-track, e la dimostrazione (‘Blowback‘) che quando non si punta per forza a far tremare le gradinate delle arene si può risultare ugualmente efficaci. Nonostante gli ingenti sforzi, però, ‘Imploding The Mirage‘ è un altro disco che solo un fan acquisito dei Killers potrà godere appieno, l’attestazione di una band che ormai si è impantanata in una sorta di parodia di sé stessa da cui non riesce più a sfuggire.

VOTO: 🙁



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