Young Jesus: ‘Welcome To Conceptual Beach’ (Saddle Creek, 2020)

Genere: experimental-rock | Uscita: 14 agosto 2020

C’è chi ha l’amico immaginario, chi la “spiaggia” immaginaria. John Rossiter, leader degli Young Jesus, ha optato per la seconda ipotesi, creandosi un luogo della mente dove rifugiarsi in solitudine, estraniandosi idealmente dalla fitta schedule che ha visto la band losangelina realizzare tre album negli ultimi tre anni e (a parte il confinamento forzato dell’ultimo periodo) essere costantemente in tour. “Con questo disco spero di aprirmi di più alla comunità, di vivere più nel mio corpo che nella mia mente“, spiega il frontman in questa intervista. Un desiderio di collettività esplicitato da quel “Welcome” e pienamente valido soprattutto nei confronti dei compagni di band, con i quali ormai l’intesa è rodatissima e, come si evince dai 46 minuti di questa release, rinnovata quotidianamente da lunghissime jam session: “Quando i musicisti sono presenti gli uni agli altri, si ascoltano a vicenda, si prendono dei rischi e accolgono quelli degli altri, così come ogni errore e ogni merito, è allora che si modella la più alta forma di bellezza, e che si riesce a trasmetterla“.

È una filosofia da carpe diem che, come ricorda la press-release, rende “ogni performance degli Young Jesus unica e irripetibile“. Una probabile ragione della grande prolificità di un gruppo che è già al quinto LP in carriera, e che non si pone limiti a proposito di struttura e durata delle proprie composizioni. In questo disco sono sette, ma è una mera divisione formale, perché potrebbero essere almeno tre volte tanto se si vanno ad analizzare gli sviluppi e i cambi di ritmo e atmosfera dei brani dal minutaggio più imponente. L’opener ‘Faith‘, ad esempio, che supera i 7’ e dà a tutti i componenti del gruppo lo spazio per un assolo. O la densissima accoppiata finale, ‘Lark‘ e ‘Magicians‘, che dura quanto metà disco e passa da momenti di genuina sperimentazione, comprensibili probabilmente soltanto a Rossiter e soci, a squarci di autentica bellezza che fanno intravedere un talento ben al di sopra della media.

Un estro che invece risulta nitidamente evidente quando gli Young Jesus non rifuggono totalmente la concisione, ovvero nella prima metà del lavoro, formata da 5 delle 7 tracce totali. La succitata ‘Faith‘ mette anche in risalto la vocalità del frontman, estremamente cresciuta rispetto alle pubblicazioni precedenti (“con dei compagni di band così abili dovevo anche io guadagnare fiducia nelle mie capacità“) e dichiaratamente ispirata a maestri come Antony/Anohni e Jeff Buckley. E’ però in ‘(Un)knowing‘, il brano migliore, una meravigliosa ballata irregolare ed emozionante, il momento in cui l’ingegno del quartetto californiano incontra il genio. Accade parzialmente anche in ‘Pattern Doubt‘, che all’inizio può sembrare una canzone ma che sostanzialmente è uno strumentale guidato da un ipnotizzante sassofono, e in ‘Root And Crown‘, lento e insolitamente spoglio, reso altrettanto incantevole dall’interpretazione di Rossiter. È dunque assolutamente non scontato il percorso creativo che porta alla ‘Conceptual Beach‘, eppure ammaliante nei brani più brevi e stimolante in quelli più lunghi. Entrambi conducono a un luogo di un’unicità e una bellezza esclusive, che solo chi vi dedicherà il tempo e l’attenzione necessari potrà cogliere appieno.

VOTO: 😀



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