Foals: ‘Life Is Yours’ (Warner, 2022)

Genere: punk-funk | Uscita: 17 giugno 2022

A oltre 14 anni dal loro LP d’esordio, quell’‘Antidotes’ che li mise immediatamente al centro di un’attenzione mai venuta meno, i Foals sono rimasti soltanto in tre: nel 2018 se ne era andato il bassista Walter Gervers; lo scorso anno è uscito dal gruppo anche il tastierista Edwin Congreave. Entrambe sono state dipartite amichevoli, ma hanno quasi dimezzato una band che ha sempre molto condiviso il processo creativo. È forse anche per questo che per ‘Life Is Yours‘, il loro settimo album in carriera, la quantità di produzioni e missaggi è decisamente sopra la media: come testualmente recita la press-release, ne hanno plasmato il suono, nell’ordine, John Hill (già al desk con Portugal The Man e Florence + The Machine), Dan Carey (Tame Impala, Fontaines D.C.), Miles James, A.K. Paul, Manny Marroquin (Post Malone, Kanye West, Rihanna) e Mark ‘Spike’ Stent (Coldplay, Muse, Kings of Leon).

In realtà, è evidente sin dal primissimo ascolto come Yannis Philippakis, Jimmy Smith e Jack Bevan abbiano tracciato la precisa direttrice che il suono di questo disco avrebbe dovuto seguire: “Volevamo concentrarci e fare qualcosa che avesse un DNA comune a tutte le canzoni: fisicità, ballabilità, energia e allegria. È sicuramente il disco più poppeggiante che abbiamo mai fatto“, spiega il frontman nella nota stampa. Ed è proprio così: i Foals non sono pure mai stati tanto funky, non hanno mai fatto oscillare le ginocchia con una tale continuità. Vengono in mente Rapture ed LCD Soundsystem per quanto chitarre e synth dettino infaticabilmente il ritmo di 11 tracce del tutto coerenti e coese.

Fa divertire parecchio, ‘Life Is Yours‘, che consegue pienamente gli obbiettivi citati da Yannis con gran mestiere, un po’ di furbizia, ma con più che discreta ispirazione. Il poker iniziale, formato dalla title-track e dai singoli ‘Wake Me Up‘, ‘2am‘ e ‘2001‘, non lascia un attimo di respiro, e ben dispone per il resto del lotto, che scorre con analoga gradevolezza e non dissimile livello qualitativo (menzione d’onore per le conclusive ‘The Sound‘ e ‘Wild Green‘). Sembrano aver scelto la sostanza, i tre componenti rimasti: tornare a fare qualcosa pienamente nelle proprie corde, senza le grosse pretese della doppia uscita del 2019 (soprattutto la seconda parte), senza nemmeno il bisogno di un’ulteriore melensa ballata da FM. È forse, questo, il disco che più ricorda il debutto del 2008, sebbene quella fantastica componente math sia ormai un flebile ricordo. Ma esuberanza e spasso sono paragonabili, e rendono il nuovo album dei Foals un disco assolutamente riuscito.

VOTO: 🙂



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