Geese: ‘3D Country’

🎵 Art/soul/country-rock | 🏷 Partisan / PIAS | 🗓 23 giugno 2023

C’è questo cowboy, probabilmente quello a gambe all’aria della copertina, che (come afferma il frontman Cameron Winter) “si è fritto per sempre il cervello dopo aver assunto delle droghe psichedeliche“. È l’incipit della trama di ‘3D Country‘, non a caso la title-track del secondo album della rapida ma già importante carriera dei Geese. L’omaccione di cui sopra, che vaga nel deserto in uno stato di profonda alterazione, ha anche rappresentato la scintilla ispiratrice per una nuova versione del quintetto newyorkese: “Allo stesso modo, la musica è un amalgama di molte cose che non siamo soliti fare, ma che volevamo far passare attraverso questa lente strutturata, strana e psichedelica“, spiega il leader di un gruppo che seguita a stupire per versatilità, fantasia e bravura a dispetto di un’età ancora piuttosto tenera.

Sono infatti tutti più o meno ventenni i componenti dei Geese, e ciononostante così pienamente consapevoli delle proprie qualità e al tempo stesso pregni di quell’impeto post-adolescenziale che porta avventatamente a lanciare sfide e a prendersi rischi. Lo hanno fatto parecchio in queste undici tracce, mescolando quanto più possibile gli è capitato di ascoltare nelle loro giovani esistenze. A livello concettuale, non troppo dissimilmente rispetto a quanto si era udito in ‘Projector‘, l’ottimo esordio di due anni fa, ma dal punto di vista stilistico abbracciando “una prospettiva completamente diversa“, come afferma la nota stampa dell’avveduta Partisan Records, che con loro ha fatto un altro pieno centro.

L’esperto James Ford, a cui è stata affidata la produzione, è stato bravo a incanalare tutta questa vitalità in canzoni tanto imprevedibili ma strutturalmente non troppo disarticolate: la carta vincente di questo ‘3D Country‘ è proprio il suo essere sghembo, frizzante e un po’ matto, eppure godibile, divertente e accessibile. Ne sono esempio i due primi singoli, la succitata title-track e il country-funky assai strokesiano di ‘Cowboy Nudes‘, con tanto di coro gospel a impreziosire uno dei pezzi migliori della stagione. C’è molto altro però in questo disco, che con ‘2122‘ parte come se fosse un album math-rock, per poi adagiarsi nell’easy-listening di ‘I See Myself‘, e quindi scuotersi con il trip blues/grunge di ‘Undoer‘, il folk-rock di ‘Crusades‘ e il crossover pieno d’adrenalina di ‘Mysterious Love‘. I crooning di ‘Domoto‘ e ‘St. Elmo‘ sono altri brani freak di un disco tanto strambo quanto bello, tra i più riusciti e sorprendenti dell’anno. Un attestato di valore per una band ormai divenuta grande.

😀



 

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