Low: ‘Hey What’ (Sub Pop, 2021)

Genere: experimental-rock | Uscita: 10 settembre 2021

Che i Low siano ormai sostanzialmente un trio appare assodato. Si è scritto da più parti sulla longevità come coppia di Alan Sparhawk e Mimi Parker, da quanti anni stiano indissolubilmente legati nella vita e nella loro band. Da qualche tempo però, c’è un terzo incomodo, che poi tanto incomodo non è: BJ Burton, produttore di matrice hip-hop, colui che segue fedelmente i coniugi da tre dischi a questa parte, guidandoli senza compromesso alcuno a ulteriori evoluzioni del loro suono. È lui che ha saputo spingerli in territori inesplorati, indicandogli continuamente nuove soluzioni. In ‘Double Negative‘, quel capolavoro di tre anni fa che ha letteralmente trasformato la loro musica, c’era parecchia farina del suo sacco. Questo ‘Hey What‘, invece, pare essere frutto di un riequilibrio di questa interazione, con i due Low nuovamente sotto i riflettori, soprattutto dal punto di vista vocale.

È quanto più salta all’orecchio sin dai primi secondi di questo disco: la nitidezza delle voci di Alan e Mimi non più sommerse (o almeno non sempre) da rumori e distorsioni. Al contrario, è come se cavalcassero un tappeto sonoro meno invadente sebbene ancora una volta alquanto inconsueto, a cui manca una sezione ritmica propriamente detta, e su cui i vocals appaiono a-cappella accidentalmente sovrapposti. Nella realtà, e con il susseguirsi degli ascolti, si comprende però che anche questa volta un senso c’è: “Abbiamo voluto che la voce diventasse l’ancora delle canzoni, la sua parte frontale e centrale“, spiega Sparhawk a Pitchfork. “BJ invece è sempre affascinato dall’idea delle possibilità estreme del mondo digitale che si scontrano con la casualità“. Analogico e sintetico, umano e robotico: ‘Hey What‘ è una sorta di dualismo in divenire, che connette le melodie tra le più delicate e le sonorità tra le più scorbutiche della storia dei Low.

Il risultato è un altro capolavoro, come accaduto per ‘Double Negative‘ qualcosa che mai a nessuno era venuto in mente di realizzare sinora. ‘Hey What‘ è però molto più accessibile, è un disco di canzoni, sebbene sui generis. Anche grazie a una serie di riff e hook atipici, regala più emozioni del suo predecessore, pur mantenendo elevatissima la componente celebrale di composizioni non certo di facile comprensione. ‘Days Like These‘ e ‘More‘ sono a loro modo incendiari per come si sviluppano, si mettono in discussione e si risolvono. Le code noise di ‘All Night‘, ‘Disappearing‘ e ‘The Price You Pay‘ non intaccano una soulfulness di fondo che dalle prime note potrebbe sembrare estremamente più lieve. È parte dell’eccezionalità di un disco che non è solo una continua sorpresa, ma anche una costante rivelazione. E per chi ha iniziato a fare musica nel lontano 1993, la bellezza di 28 anni fa, non è certo cosa da poco.

VOTO: 😀



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