Squid: ‘O Monolith’

🎵 Experimental post-punk | 🏷  Warp | 🗓 9 giugno 2023

Che negli Squid abbondassero tantissime idee, e tutte ben chiare, è stato evidente sin dalla pubblicazione di ‘Bright Green Field‘ (2021), uno dei debutti più incisivi e sorprendenti degli ultimi anni, ma anche un impegnativo metro di paragone per un immediato seguito. Eppure i cinque ragazzi di Brighton non hanno perso tempo, e un paio di settimane dopo l’uscita del loro LP di debutto stavano già congegnando il seguito. Il loro primo vero e proprio tour importante ha così potuto fungere da palestra per testare live i nuovi pezzi, poi divenuti gli otto brani che compongono la scaletta di ‘O Monolith‘, sophomore assai ambizioso se si pensa che è stato registrato negli studi di proprietà di Peter Gabriel, che alla produzione è stato confermato il Re Mida Dan Carey, e che il missaggio è stato affidato a un musicista dell’importanza di John McEntire dei Tortoise.

Il secondo album degli Squid riparte da dove quell’esordio si era concluso, seguendo percorsi diversi e più ampi, senza rinnegare quella vivacità punk che porta a imprevedibili e frequenti cambi di ritmo e intensità. Viene coinvolto persino un coro (nella conclusiva ‘If You Had Seen The Bull’s Swimming Attempts You Would Have Stayed Away‘) e all’elettricità delle chitarre si affianca qualche strumento acustico, dichiarata connessione con un’intenzionale “musical evocation of environment, domesticity and self-made folklore“, come rileva l’intraducibile nota stampa della Warp Records. “Eravamo piuttosto intenzionati a fare di questo album un’esplorazione più melodica, un po’ nella direzione di meno droni e più melodia“, aggiunge il chitarrista Louis Borlase in un’intervista all’NME.

Che poi, gli Squid abbiano una personalissima interpretazione di ciò che è comunemente definito “melodico” è evidente sin dall’opener e primo singolo ‘Swing (In A Dream)‘, che però è un perfetto esempio del mutevole assortimento dei loro brani: parte con una tastiera, in conclusione diventa protagonista un fiato, ma è condotto da un groove incalzante e da chitarre destinate a esplodere in un catartico finale. Similmente ‘Devil’s Den‘ comincia quietissima e finisce fragorosa, mentre ‘Siphon Song‘ pare addirittura un’opera post-moderna in diversi atti, frutto di un’immaginazione creativa di livello eccelso. La stessa che, con inedita dolcezza, ha costruito le diverse ambientazioni sonore che compongono ‘The Blade‘, forse il pezzo migliore di un disco che ha anche passaggi, come ‘Undergrowth‘ e ‘Green Light‘, più familiari per chi aveva apprezzato l’LP di due anni fa. Nel suo insieme, però, ‘O Monolith‘ fa ascoltare davvero tante cose, e dunque riesce nell’ardua impresa di migliorarlo. Aspetto decisamente di non poco conto.

😀



 

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