Vampire Weekend: ‘Only God Was Above Us’

🎵 Indie-pop | 🏷 Columbia | 🗓 5 aprile 2024

Sposato con un’attrice famosa (Rashida Jones) e padre di un bimbo di sei anni, Ezra Koenig non è più il giovane nerd dei tempi di ‘A-Punk‘. Segue in giro per il mondo le opportunità di carriera della moglie, porta il figlio a scuola, e rimane un sacco di tempo a casa da solo. Così, gliene rimane parecchio per scrivere nuove canzoni, dieci delle quali sono finite nella scaletta di ‘Only God Was Above Us‘, il quinto album dei suoi Vampire Weekend. Un disco la cui composizione è cominciata nel 2019, subito dopo la pubblicazione di ‘Father Of The Bride‘, e proseguita nel 2020, anni nei quali la sua famiglia ha girato tra Manhattan, Los Angeles, Londra e Tokyo: “Vivere in questi luoghi diversi gli dà superficialmente un tocco glamour, ma quando ti trasferisci all’estero con la tua famiglia, e tua moglie lavora 14 ore al giorno, e tuo figlio è a scuola, c’è anche molta solitudine“, racconta il musicista newyorkese in un’intervista al Guardian. Il suo nuovo LP è però – in fondo in fondo – un disco ‘speranzoso’ e ottimista: “Se si spera in qualcosa di specifico, spesso si rimarrà delusi, ma la speranza come sentimento o concetto è in qualche modo più grande del risultato ottenuto.

Only God Was Above Us‘ è anche l’album che ha visto il ritorno in studio dei suoi sodali di una vita, il bassista Chris Baio e il batterista Chris Tomson, che cinque anni fa erano stati esentati dalle registrazioni del lavoro precedente. Il recupero della band si è rivelato una necessaria boccata d’aria per il progetto Vampire Weekend, tornato sgusciante e bizzarro come ai bei tempi, quando la sostanza aveva la precedenza sulla forma. La stragrande maggioranza degli strumenti utilizzati sono comunque suonati dallo stesso Ezra e da Ariel Rechtshaid, per la terza volta di fila produttore principale di un loro disco e ormai membro aggiunto del gruppo. Nei credits compare anche l’ex Rostam Batmanglij, che ha dato una mano alla scrittura e al confezionamento di ‘The Surfer‘.

Ma è chiaramente la farina del sacco del frontman a fare la differenza: la sua creatività, la sua sagacia, la sua ironia, la sua passione per la musica tutta, dal punk all’hip-hop a quella proveniente da remote aree del mondo. Come di consueto, in un disco dei Vampire Weekend si condensano tantissime influenze e citazioni del passato (la cover è una foto della New York degli anni ’80, il titolo richiama un fatto di cronaca dell’epoca) pur mantenendosi riconoscibilissimo. Un esempio su tutti è la prima traccia in tracklist, ‘Ice Cream Piano‘, che parte come una ballata, si trasforma in un rock ‘n’ roll tirato in cui si stratificano sempre più strumenti, diventa un pezzo punk, si assesta su un chamber-pop disturbato con tanto di archi, e torna a essere brevemente una ballata prima di concludersi con una coda finale estatica. È una sorta di prototipo di cosa possano offrire ancora oggi i Vampire Weekend, di quanto siano imprevedibili in ogni passaggio di ciascuno dei loro brani. Pezzi che non si somigliano tra di loro ma che mantengono una saldissima compattezza di fondo, che si tratti di ballatone come ‘Capricorn‘ o ‘The Surfer‘, uptempo alla stregua di ‘Connect‘ o ‘Gen X-Cops‘, o di una suite da quasi 8 minuti quale la conclusiva ‘Hope‘. Ed è tutto così bello, divertente, intrigante e appagante che dopo i 47 minuti di ascolto non si desidera altro: una volta ancora, va perfettamente bene così.

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