Blur: ‘The Ballad Of Darren’

🎵 Brit-pop | 🏷️ Parlophone | 🗓️ 21 luglio 2023

Il paradosso è che i Blur hanno placidamente atteso più di 8 anni a dare un seguito a ‘The Magic Whip‘ (2015), ma poi hanno dovuto correre come matti per far uscire questo disco (quantomeno) in contemporanea con il loro tour estivo. Colpa delle cose che hanno avuto da fare nel frattempo: gli album dei Gorillaz ad essere pubblicati sono stati addirittura quattro, Graham Coxon ha formato una nuova band (The Waeve, con un bell’LP uscito a febbraio) e Dave Rowentree si è addirittura cimentato nell’esordio solista (‘Radio Song‘, anch’esso targato 2023). A tutti e quattro i membri del gruppo era però tornata la voglia di fare qualcosa insieme, “e non ci sembrava corretto partire in tour senza dei pezzi nuoviDoveva essere un EP, ma poi si è aggiunta sempre più roba“, racconta Coxon a Mojo.

Addirittura 24 brani, messi insieme da Damon Albarn durante l’ultima tournée con la sua (in ordine di importanza) seconda band. “Mi facilita il lavoro quando Damon scrive canzoni così, in cui posso entrare a espanderle“, aggiunge Graham, dando l’idea dello sforzo collaborativo che distingue i pezzi dei Blur da quelli dei Gorillaz. ‘The Ballad Of Darren‘ è poi, in un certo senso, un ritorno al passato: non accadeva da ‘13‘ (1999) che tutti e quattro fossero contemporaneamente in studio, sebbene sia la prima volta che un disco della band londinese si sviluppi in maniera così concisa, 36 minuti appena. Oltre a loro, vi ha lavorato soprattutto James Ford, resosi disponibile dopo aver operato anche su ‘The Waeve‘ e qualche anno prima, parzialmente, su ‘The Now Now‘. Uno ben conosciuto insomma, che ha contribuito a mantenere l’atmosfera di grande intesa che ogni componente del gruppo ha affermato esserci stata nelle settimane in studio: “Si rideva molto (…) Dovevamo fare gli stupidi perché è un album molto denso. Devi avere dei momenti in cui ti comporti da idiota, per bilanciare“, racconta ancora il chitarrista.

Del resto ‘The Ballad Of Darren‘ è un disco sulle relazioni, soprattutto quelle che finiscono, e in un certo senso anche sulla maturità data dall’invecchiamento: “Riflette la nostra generazione, ma ha abbastanza del mondo moderno da poter essere compreso anche da persone più giovani“, sostiene Albarn, che ha puntato quasi esclusivamente sul formato della ballata, scrivendo canzoni molto amare e disilluse, quelle in cui più si espone, a livello personale, della sua intera discografia. Ciò fa sì che questo lavoro appaia come un album molto intenso, l’esatto opposto di un ‘Leisure‘ (1991) o un ‘Parklife‘ (1994). Sarebbe dunque un errore confrontarlo con quella versione dei Blur, quando Damon e soci erano ventenni giovani e sfrontati, che non avevano “nulla da dimostrare a nessuno”.

Ed è per questo che ‘The Ballad Of Darren’ non può che essere considerato un altro grande LP, proprio perché porta avanti la continua evoluzione di quei quattro ex ragazzi che, superati abbondantemente i 50 anni, seguitano a risultare credibili e a loro modo moderni, tenendo ben lontano il rischio di apparire nostalgici. In questo disco si sentono tante cose: chitarre, tastiere, archi, stratificazioni complesse ma mai ridondanti, testi profondi e autentici. Ci sono poi canzoni come ‘The Narcissist‘, forse la migliore dei Blur degli anni 2000 (se la gioca con ‘Out Of Time‘), o come ‘St. Charles Square‘, in cui torna a sentirsi nitidamente la cooperazione Albarn-Coxon. Oppure ancora come ‘Barbaric‘, l’unica piuttosto ritmata ma in realtà assai cupa, o come ‘The Heights‘ e la sua coda rumorosa, che si ferma all’improvviso lasciando aperto l’unico quesito non risolto di questo disco: ovvero, chissà quanto tempo ci vorrà per il prossimo.

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