Lucy Dacus: ‘Home Video’ (Matador, 2021)

Genere: indie-folk/rock | Uscita: 25 giugno 2021

È soprattutto quando si ritorna nei propri luoghi di origine che il passato riaffiora con maggiore nitidezza. Un tema ampiamente sviscerato in letteratura e musica, che Lucy Dacus, al terzo album di una carriera che ancora promette parecchio, affronta in chiave estremamente personale. Crescere in Virginia, nel sud degli Stati Uniti, lontano dalle grandi metropoli, presuppone uno scotto da pagare alle dogmatiche tradizioni locali, che si confrontano con grande difficoltà con la porzione di vita realmente vissuta da un’adolescente. Parla di questo ‘Home Video‘, titolo non casuale, che descrive perfettamente la nitidezza di racconti in cui molti di noi, a proprio modo, potrebbero ritrovarsi.

Scritto perlopiù nell’estate 2019, proprio durante un periodo di soggiorno nei luoghi natii, è stato registrato a Nashville insieme a Jacob BlizardCollin Pastore e Jake Finch, team produttivo ormai legatissimo alla 26enne musicista americana, che si era occupato anche del precedente, apprezzatissimo ‘Historian‘ (2018). Come avvenuto in ‘Punisher‘ di Phoebe Bridgers e in ‘Little Oblivions‘ di Julien Baker, le restanti Boygenius cantano alcuni cori ricambiando vicendevolmente il favore. Una vera e propria amicizia che ha in qualche modo modificato anche l’approccio alla composizione di Lucy: “Mi ha aperto la mente, in termini di ciò che pensavo fosse possibile per me stessa e per la mia scrittura. Stare intorno a Phoebe e Julien, ridere di più, fare più battute, ha ampliato quello che sento di poter fare“, spiega la Dacus a Rolling Stone.

Difatti ‘Home Video‘ mostra un’indubitabile maturazione per una cantautrice divenuta bravissima a dosare le proprie energie compositive: dall’elettrica ‘First Time‘, passando per le acustiche ‘Cartwheel‘ e ‘Going Going Gone‘, fino alla quasi a-cappella ‘Thumbs‘, che riesce peraltro nell’arduo tentativo di rendere dolcemente affettuoso un proposito di omicidio (nei confronti del padre di un’amica da cui era stata abbandonata da piccola). Lucy risulta ugualmente incisiva in differenti contesti sonori, rimanendo credibile persino parodiando l’R&B da classifica (con tanto di vocoder) in ‘Partner In Crime‘. E se nelle springsteeniane ‘Hot & Heavy‘ e ‘Brando‘ si palesa nella zona per lei maggiormente di comfort, è in ‘VBS‘ che esibisce il meglio di sé, sia per il racconto amaramente sarcastico di una vacanza in una colonia estiva (la “Vacation Bible School” del titolo), che per quelle brevi ma intensissime sottolineature di chitarra distorta che preludono alla coda elettrica conclusiva. Una dinamica che, in maniera ancora più complessa, si ripropone negli 8’ della conclusiva ‘Triple Dog Dare’, così avvincenti da non farne avvertire il minutaggio, degnissima conclusione di un disco melodicamente incantevole, empaticamente comunicativo, stilisticamente vario e, se tutto ciò non bastasse, anche molto ben cantato e interpretato.

VOTO: 😀



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