🎵 Dream-folk | 🏷 Agricultural/Vacancy | 🗓 30 novembre 2024
Figlia d’arte (il padre era musicista, la madre star della TV), Juanita Stein è stata la frontwoman degli Howling Bells la cui attività si è fermata nel 2017 salvo poi riprendere un paio di anni fa, ma soltanto per show celebrativi dell’LP di debutto. Con loro ha pubblicato quattro album tra il 2006 e il 2014, dopo i quali sono partiti due suoi progetti autonomi, uno più estemporaneo come parte dei Glassmaps (un disco nel 2017), e un altro solista, più duraturo, tanto che questo ‘The Weightless Hour‘ è il quarto lavoro con le sue generalità (dopo ‘America‘ del 2017, ‘Until The Lights Fade‘ del 2018 e ‘Snapshot‘ del 2020), suonato recentemente live aprendo le date britanniche del tour dei Travis.
Non ci sono molti dubbi sul fatto che sia anche il disco più creativamente personale ella cantautrice australiana: la press-release ci azzecca quando lo definisce “una testimonianza intensamente umana con un profondo senso di dignità“. Del resto, è un’opera che la rappresenta totalmente, sia perché lavorata in prima persona, ma soprattutto perché va a recuperare flashback autobiografici, a partire dall’adolescenza all’essere stata parte di una band nota (‘The Game‘), per risalire fino ai racconti della nonna sui tempi della guerra e sull’invasione nazista di Praga (‘Old World’), per poi giungere al passato prossimo pandemico, trascorso con la famiglia in Toscana (‘Carry Me‘), e infine ripercorrendo con un duetto (con Pat Dam Smyth in ‘Driving Nowhere‘) quelle sue relazioni più intime che ormai si sono esaurite.
La prestigiosa co-produzione di Ben Hillier (già al lavoro con Depeche Mode, Doves, Blur ed Elbow e nell’album di Juanita di quattro anni fa) caratterizza un’opera non certo ridondante, in cui i suoni appaiono essenziali sebbene non troppo minimali, sembrando congegnati, anche grazie alla sostanziale assenza di percussioni, a esaltare un songwriting molto intimo e maturo. C’è una certa varietà stilistica, che spazia dal folk onirico della title-track all’alt-rock di ‘Ceremony‘, con ‘Mother Nature Scorn‘, ‘Motionless‘ e ‘Daily Rituals‘ highlights di una scaletta davvero ben assortita e quasi mai pretenziosa (fatta eccezione per il country un po’ telefonato di ‘Delilah‘). Insomma, ‘The Weightess Hour‘ è un’uscita a suo modo significativa, nel senso di un’artista che conserva una piena espressività artistica anche senza la band che l’ha resa celebre.
🙂